Albano Vercellese

Aldo Milano. Immagine da Wikipedia

Nella storia della Pro e non solo, il comune di Albano Vercellese è tristemente famoso perchè proprio davanti a questo comune trovò la morte il calciatore Aldo Milano, da poco entrato nella prima squadra vercellese e già in grado di dare il suo contributo in campo.

 

Qualche anno fa il sito https://www.glieroidelcalcio.com/?s=pro+vercelli ha pubblicato questo bell'articolo sulla triste vicenda di Aldo Milano: "Il caso di Aldo Milano, noto anche come Milano III° agli appassionati di calcio, non solo tifosi della Pro Vercelli, è emblematico di come vengano trattati i Morti Dimenticati quando, sperando nel passare del tempo, gli si voglia negare o cambiare la militanza.
Sì,perchè, a differenza di altri Martiri Fascisti, qualcosa si trova, a proposito di questo calciatore, combattente valoroso della I Guerra Mondiale; ma tendendo a negarne la militanza politica nei Fasci Vercellesi.
Bene, Milano cadde ad Albano Vercellese nel corso della Guerra delle lapidi, lo scontro che si ebbe tra Fascisti e socialcomunisti sulle lapidi apposte per ricordare i Caduti della Prima Guerra Mondiale, che per i socialcomunisti erano vittime del capitalismo.
Ora, non posso affermare,sulla base di quanto in mio possesso, che Aldo Milano fosse iscritto al Fascio di Vercelli, ma rimane il fatto che nessuno dei parenti si oppose al fatto che la sezione vercellese del PNF venne chiamata col suo nome, al quale venne intitolata pure una via.

Ed ad avvallare l'area di appartenenza di Milano III° ecco un documento antifascista:

La "guerra contro le lapidi" nel Biellese antifascista
"l'impegno", a. XI, n. 3, dicembre 1991 © Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli.

"...gli squadristi intenzionati a distruggerla (la lapide) raggiunsero la piccola località vercellese su di un camion, nottetempo. Ma, allorché essi iniziarono a picchiare col martello la lapide - che aveva l'epigrafe identica a quella di Andorno -, furono fatti segno da un colpo d'arma da fuoco, sparato dall'interno della Casa comunale, che li fece desistere dal loro intento. A sparare col fucile contro di loro fu una delle due guardie giurate che avevano avuto dal pro sindaco l'ordine di "difendere la proprietà comunale non solo, ma il marmo sacro alla popolazione albanese". La fucilata colpì due membri della spedizione fascista, uno dei quali, Aldo Milano, un giovane ragioniere di Vercelli, ferito gravemente, morì poco dopo."

Sempre il sito...

 

 

"Cento anni fa moriva colpito al petto da una pallottola il calciatore Aldo Milano, detto Milano III, fratello minore del più noto Giuseppe Milano, capitano della Pro Vercelli e della nazionale italiana negli anni precedenti la prima guerra mondiale. Ma chi era Aldo Milano? E perché fu ucciso?

Nato a San Bonifacio (Verona) nel 1896 e trasferitosi con la famiglia in giovane età a Vercelli, Aldo aveva assunto negli anni immediatamente dopo la fine della guerra un ruolo centrale nella rinascita della Pro Vercelli, che aspirava a riconquistare quella centralità prebellica nel calcio italiano, guadagnatasi con la vittoria, quasi consecutiva, di 5 stagioni di campionato italiano (1908-1909-1911-1912-1913). Proprio nel campionato del 1920-1921 la squadra vercellese sembrava sulla strada di recuperare, seppur con fatica, gli antichi splendori.

Aldo disputò la sua ultima partita il 2 gennaio 1921, vinta 4 a 0 dalla Pro Vercelli contro l’Amatori Torino. Il giorno 8 gennaio si consumò l’omicidio di Aldo Milano, spesso indicato dalla stampa come “I fatti di Albano Vercellese”, perché il piccolo comune fu il teatro della vicenda, nata come raid di un gruppo di giovani disarmati presso l’edificio delle scuole locali con l’intenzione di distruggere una lapide commemorativa dei caduti della Grande Guerra.

 

Si trattò di un evento che si inseriva in quella che è stata chiamata la “battaglia delle lapidi”, avvenuta nel territorio di Vercelli e Biella in quegli stessi anni. Nelle elezioni amministrative del 1920 i socialisti avevano conquistato quarantadue comuni su quarantasei nel circondario e avevano promosso in molte località l’erezione di lapidi a ricordo dei caduti nella Grande Guerra. Queste steli più che onorare i morti tendevano a trasformare i caduti in martiri negli ingranaggi del sistema capitalistico. In tal senso la lapide di Albano era un chiaro esempio di questo uso politico della memoria storica: i morti avrebbero dato “ignari la giovinezza alla causa del capitalismo” e dal “loro sacrificio immane (..) s’eleva severo il monito incitante i lavoratori del mondo alla riscossa”.

Questa appropriazione della memoria dei caduti della Prima guerra mondiale aveva incendiato gli animi di chi non si riconosceva in tale visione politica: si trattava in larga parte di ex combattenti ma non solo. Aldo, che faceva parte del “commando” che si era recato con intenzioni vandaliche ad Albano, non era però mai stato sul fronte, ma aveva subito la perdita di un congiunto durante la guerra e questo spiegava la sua rabbia. Infatti suo fratello più vecchio Felice, noto con il nome di Milano II come calciatore della Pro Vercelli, dell’Alessandria e della nazionale, era caduto sul fronte dell’Isonzo nel 1916".

 

Qualche giorno prima dell’8 gennaio alcuni giovani avevano già pubblicato sui giornali locali una denuncia contro la lapide, in cui preannunciavano che in assenza di una sua rimozione sarebbero intervenuti personalmente. L’amministrazione comunale pertanto aveva predisposto a difesa della lapide due guardie comunali. Una di queste, al vedere i giovani, sparò senza preavviso e ferì mortalmente al petto Aldo Milano, che condotto all’ospedale morì poco dopo.

La sua morte destò una profonda emozione a Vercelli, in tutta la provincia e in tutto il mondo sportivo nazionale. A rendersi conto delle potenzialità mediatiche di questa morte fu il Fascio di Vercelli che aveva avuto vita nei giorni immediatamente prima della morte del calciatore e che si affrettò a proclamare Aldo Milano suo primo martire. In realtà come gli altri partecipanti all’azione vandalica, Aldo non era mai stato iscritto al Fascio, anche se era massone e come gran parte della sua famiglia vicino alle posizioni dei nazionalisti. Ad usare per primo il termine fascista fu il giornale locale socialista “La Risaia”, che tentò di inquadrare l’accaduto nel dilagare degli episodi violenti del fascismo in altri territori.

Nel periodo successivo la sua morte, Aldo Milano divenne un’icona del fascismo vercellese: il sesto scudetto della Pro Vercelli, conquistato nel 1921, fu dedicato alla sua memoria, cui fu intitolata anche una via cittadina e la sezione locale dei Fasci di combattimento. In pratica il calciatore divenne il riferimento costante della virtù fascista e l’ispirazione dei giovani vercellesi, specie durante la campagna “antiborghese”. Ma non solo. Il suo esempio uscì anche dal territorio locale e a suo nome fu intitolato anche lo stadio di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza).

La sua memoria rimase intatta nella liturgia e nella retorica fascista fino al termine della guerra che segnò l’oblio della storia di Aldo, oramai considerato emblema fascista.

 

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